I bambini Down vittime del “controllo di qualità” - 11/01/2021
L’Europa non accetta di morire per un virus che non fa distinzioni di razza, sesso, disabilità o ceto, ma selezionare chi deve vivere o morire in base ai geni, questo sì. Uno studio pubblicato a dicembre sull’European Journal of Human Genetics ha esaminato il periodo tra il 2011 e il 2015 per capire quanti bambini con la sindrome di Down sono nati e quanti potevano nascere se non fossero stati abortiti proprio perché “down”, cioè rilevati tali dagli screening prenatali. Per capirci, senza aborti selettivi della disabilità, in Europa avremmo contato 27 bambini con la Trisomia 21 ogni 10 mila nati, in media sono stati invece 10; senza aborti selettivi ne sarebbero nati 17 mila, ne sono nati invece 8 mila. Numeri che unitamente agli studi più recenti nei singoli Stati sulla progressiva scomparsa dei bambini con la sindrome di Down tornano ad agitare lo spettro dell’aborto come mezzo per effettuare il “controllo di qualità” della popolazione europea.
Il “sogno” di uno Stato down-free
Rispetto alle stime previste in Spagna sono nati l’83 per cento di bambini con la sindrome di Down in meno, in Italia il 71 per cento in meno. In Danimarca la riduzione è stata del 79 per cento: qui, nel paese più felice ed egualitario del mondo, nel 2019 sono nati solo 18 bimbi con la Trisomia 21. In Islanda, dove la riduzione nell’intervallo considerato è pari al 69 per cento, si è già arrivati quasi al 100 per cento di popolazione “sana”: dato che si spiega con un numero ridotto di abitanti (circa 400 mila) dove il numero di bambini nati con la Trisomia 21 non supera i due all’anno e se ne nascono ancora, spiegava alla Cbs Hulda Hjartardottir, capo dell’unità di diagnosi prenatale dell’ospedale della capitale, è perché, per errore, «non vengono segnalati negli screening.
Nel Regno Unito i nati con la sindrome di down rispetto alle attese sono stati il 54 per cento in meno. Dati in linea con la media europea nel periodo del debutto dei Nipt test (Not Invasive Prenatal test), gli screening delle principali anomalie cromosomiche fetali in gravidanza introdotti a partire dal 2013 in alcune strutture del servizio sanitario nazionale inglese.
Lo abbiamo scritto tante volte, il problema non è nello “strumento” di per sé: grazie alla diagnosi prenatale – spesso sono le stesse associazioni pro life a ricordarlo – è possibile salvare i bambini prematuri, preparare interventi tempestivi post partum in caso di fibrosi cistica o intervenire chirurgicamente in caso di spina bifida. Il problema è promuovere gli screening allo scopo di selezionare i figli e interrompere una gravidanza quando un particolare bambino presenti un’anomalia genetica, risultando indesiderabile.